Premessa
Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 3 co. 1-ter del DL 30/12/2021 n. 228 (c.d. “Milleproroghe”), inserito in sede di conversione nella L. 25/02/2022 n. 15, l’art. 6 del DL 08/04/2020 n. 23 (c.d. “Liquidità”), conv. L. 05/06/2020 n. 40, stabilisce che, per le perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31/12/2021:
- non si applicano gli artt. 2446 co. 2 e 3, 2447, 2482-bis 4, 5 e 6 e 2482-ter c.c.;
- non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484 co. 1 n. 4 e 2545-duodeciesc. (co. 1).
Inoltre, il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo, ex artt. 2446 co. 2 e 2482-bis co. 4 c.c., è posticipato al quinto esercizio successivo; l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate (co. 2).
Nelle ipotesi previste dagli artt. 2447 o 2482-ter c.c., l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo. L’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c.. In relazione a tale fattispecie si ribadisce che, fino alla data di tale assemblea, non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484 co. 1 n. 4 e 2545-duodecies c.c. (co. 3).
Le perdite in questione devono essere distintamente indicate nella Nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio (co. 4).
Evoluzione normativa
Il testo dell’originario art. 6 del DL 08/04/2020 n. 23 (c.d. DL “Liquidità”), conv. L. 05/06/2020 n. 40, era il seguente: “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto [09/04/2020] e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”.
Questa formula è risultata particolarmente ambigua spingendo il legislatore ad una riscrittura.
A decorrere dall’01/01/2021, il co. 266 dell’art. 1 della L. 30/12/2020 n. 178 (legge di bilancio 2021) ha sostituito l’art. 6 del DL 23/2020 convertito con il testo sopra riportato, ma facendo riferimento alle perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del “31 dicembre 2020”.
In sede di conversione in legge del DL 30/12/2021 n. 228 (c.d. “Milleproroghe”), il riferimento al 31/12/2020 è stato sostituito con quello al 31/12/2021, per il tramite del co. 1-ter dell’art. 3.
Quindi, anche per le perdite emerse negli esercizi “in corso alla data del 31 dicembre 2021”, oltre che per le perdite emerse negli esercizi in corso alla data del 31/12/2020, gli interventi prescritti dalle ricordate disposizioni codicistiche potranno avvenire “entro” l’assemblea di approvazione del bilancio relativo al quinto esercizio successivo, previa distinta indicazione in Nota integrativa al fine di tenerle separate da eventuali perdite future non “coperte” dalla nuova disciplina.
Esercizi a cavallo
Ai sensi dell’art. 6 co. 1 del DL 23/2020 convertito, le perdite da considerare sono quelle emerse “nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2021”.
L’arco temporale preso in considerazione dalla norma, quindi, per quanto coincidente per tutte le società con un unico esercizio sociale, non è uguale per ciascuna di esse, ma dipende dalle scelte statutarie individuali sulla data di chiusura dell’esercizio (massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.2).
Sono, di conseguenza, da considerare non solo gli esercizi che hanno chiuso al 31/12/2021, ma anche quelli a cavallo d’anno che comprendano la suddetta data (in primis 01/07/2021 – 30/06/2022); “laddove, nella previgente [originaria] stesura, la previsione di un rigido terminus ad quem … non avrebbe consentito, in alcun caso, di tenere in considerazione esercizi la cui durata proseguisse oltre di esso”.
Quindi:
- per le società il cui esercizio sociale coincide con l’anno solare le perdite “sterilizzate” sono quelle emerse nel periodo 01/01/2021 – 31/12/2021;
- per le società che chiudono gli esercizi il 30 giugno di ogni anno le perdite “sterilizzate” sono quelle emerse nel periodo 01/07/2021 – 30/06/2022;
- per le società che chiudono l’esercizio il 30 aprile le perdite “sterilizzate” sono quelle emerse nel periodo 01/05/2021 – 30/04/2022, e così via (massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.2).
Perdite sterilizzate
L’art. 6 del DL 23/2020 convertito non appare in grado di chiarire definitivamente la concreta delimitazione delle perdite oggetto di “sterilizzazione”.
La lettera della norma, infatti, ha comunque determinato il formarsi di differenti ricostruzioni che inducono a suggerire agli amministratori estrema prudenza nelle scelte da adottare, anche alla luce delle possibili conseguenze in termini di responsabilità che potrebbero conseguirne.
Facoltatività della sterilizzazione
La disciplina in esame consente, ma non impone, alle società la disapplicazione delle previsioni dettate in materia di perdita del capitale sociale. In presenza dei presupposti, di conseguenza, si potrebbe comunque decidere di rispettarle.
Permanenza dell’obbligo di convocazione dell’assemblea
Resta fermo, peraltro, l’obbligo di convocazione, senza indugio, dell’assemblea, sia nei casi contemplati dagli artt. 2446 e 2482-bis c.c., per dar conto ai soci della perdita di oltre un terzo del capitale (sottoponendo loro una Relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del Collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione), che nei casi previsti dagli artt. 2447 e 2482-ter c.c., per il rinvio della decisione di ricapitalizzazione immediata della società o, in alternativa, della sua trasformazione o scioglimento (anche in tal caso, sottoponendo ai soci una Relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del Collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione).
La mancata disattivazione dell’obbligo di convocazione dell’assemblea si giustifica, oltre che per la sua fonte europea relativamente alle società per azioni (art. 58 della direttiva 2017/1132/UE), in ragione della necessità di mantenere la corretta rilevazione della situazione dell’impresa e l’informativa dovuta dagli amministratori ai soci in un momento di elevata fragilità dell’impresa stessa, provocata da un evento straordinario e imprevedibile, quale la diffusione dell’epidemia.
In particolare, sottolinea la massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.4, all’assemblea dovrà essere sottoposto un documento contabile (situazione patrimoniale, bilancio di esercizio ovvero un bilancio infra-annuale), accompagnato dalla Relazione del Collegio sindacale o dell’organo di controllo eventualmente nominato, in cui dette perdite siano formalmente evidenziate. Non si ritiene possibile, invece, “prescindere dalla rilevazione formale delle perdite emerse nell’esercizio che comprende il 31 dicembre [2021] attraverso la redazione di uno specifico documento contabile adducendo a giustificazione di tale omissione la loro irrilevanza fissata per legge”.
Operatività della sterilizzazione
Quanto alla concreta operatività della sterilizzazione, la lettera dell’art. 6 del DL 23/2020 convertito fa emergere una differenza tra le ipotesi di cui ai co. 2 e 3.
Perdita che non incide sul minimo legale
Come precisato dalla massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.6, il differimento al quinto esercizio successivo previsto dall’art. 6 co. 2 del DL 23/2020 convertito opera di diritto, in relazione alle perdite emerse nel 2021, senza necessità di una espressa decisione dei soci in tal senso.
Esso, cioè, appare derivare dalla semplice circostanza che i soci non abbiano adottato diversi provvedimenti nell’assemblea comunque da convocare, anche in conseguenza della diserzione della stessa, di stallo decisionale o del mancato raggiungimento del quorum deliberativo.
È, peraltro, sempre consentito ai soci di non avvalersi di tale differimento, riducendo il capitale sociale anche prima dello spirare dell’ultimo termine concesso dalla legge per operare la riduzione.
In tale ipotesi, osservano i notai del Triveneto sempre nella massima T.A.6, non vi è l’obbligo dell’unanimità, in quanto deve escludersi che la nuova disposizione attribuisca al singolo socio un diritto “uti singuli” ad avvalersi del differimento della copertura delle perdite.
Si ritiene, inoltre, che, fino allo spirare del quinto esercizio successivo a quello 2021, la riduzione del capitale a copertura delle perdite emerse in quest’ultimo esercizio possa essere volta a coprirle anche solo parzialmente (essendo le stesse sospese in virtù di norma speciale che deroga ai principi generali).
Perdita che incide sul minimo legale
Il co. 3 dell’art. 6 del DL 23/2020 convertito stabilisce che, nelle ipotesi previste dagli artt. 2447 o 2482-ter c.c., “l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa alla immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura dell’esercizio di cui al comma due”.
Tale disposizione, dunque, al contrario di quella contenuta nel precedente comma 2, rimette all’assemblea dei soci e non alla volontà del legislatore il differimento al quinto esercizio successivo della decisione sugli “opportuni provvedimenti” da adottare in seguito alla riduzione del capitale sotto il minimo legale per perdite eccedenti il terzo.
A fronte di tale dato letterale, la massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.7 osserva come, verificandosi perdite nell’esercizio che comprende il 31/12/2021 tali da eccedere, da sole o sommate a quelle emerse in altri esercizi, il terzo del capitale sociale riducendolo al di sotto del limite legale, gli amministratori debbano, in ogni caso e senza indugio, convocare l’assemblea per adottare gli opportuni provvedimenti, sottoponendo ai soci i relativi documenti contabili.
L’assemblea, alternativamente, potrà deliberare:
- di rinviare la decisione sulla copertura delle perdite alla chiusura dell’esercizio 2026 (in questo caso non opererà la causa di scioglimento della società di cui all’art. 2484 co. 1 n. 4 c.c.);
- la riduzione del capitale a ripianamento integrale delle perdite ed il contemporaneo suo aumento a una cifra non inferiore al minimo di legge;
- la trasformazione della società o la sua messa in liquidazione;
- una copertura “parziale” delle perdite, sia procedendo alla sola riduzione parziale del capitale sia anche procedendo ad una parziale ricapitalizzazione della società (senza peraltro che sia indispensabile ricondurre il Patrimonio netto ad un’entità superiore al minimo di legge del capitale sociale), rinviando la decisione sulla copertura delle perdite residue alla chiusura dell’esercizio 2026.
Il differimento al quinto esercizio successivo previsto dall’art. 6 co. 3 del DL 23/2020 convertito, allora, non opera di diritto, in relazione alle perdite emerse nell’esercizio in corso al 31/12/2021, ma richiede una espressa delibera dell’assemblea dei soci in tal senso, la quale, per espressa previsione di legge, non “deve” ma “può” deliberare di rinviare tali decisioni (massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.8).
Scioglimento della società per perdita del capitale
Sempre in relazione all’ipotesi di cui all’art. 6 co. 3 del DL 23/2020 convertito, la massima Comitato Triveneto dei Notai T.A.9 ritiene che, ove l’assemblea non deliberi il rinvio delle decisioni sulle perdite (né la trasformazione della società), venga ad operare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484 co. 1 n. 4 c.c., con conseguente obbligo degli amministratori di accertarla e di iscriverla nel Registro delle imprese.
Se, invece, l’assemblea assume la delibera di rinvio, tale causa non opera e non è possibile, nemmeno volontariamente, per gli amministratori accertare lo scioglimento della società (è, peraltro, sempre possibile, una volta assunta la decisione di rinvio, sciogliere la società per volontà dei soci ex art. 2484 co. 1 n. 6 c.c.).
Informativa in Nota integrativa
Le perdite in questione – come già evidenziato – devono essere distintamente indicate nella Nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio (art. 6 co. 4 del DL 23/2020 convertito).
Per le perdite emerse negli esercizi “in corso alla data del 31 dicembre 2021”, quindi, gli interventi prescritti dalle ricordate disposizioni codicistiche potranno avvenire “entro” l’assemblea di approvazione del bilancio 2026, previa distinta indicazione in Nota integrativa al fine di tenerle separate da eventuali perdite future non “coperte” dalla nuova disciplina.
Si tratta dell’estensione dell’obbligo già previsto dall’art. 2427 co. 1 n. 7-bis c.c., che impone l’indicazione, in appositi prospetti, delle voci del Patrimonio netto con specificazione dell’origine, della possibilità di utilizzazione e distribuibilità e dell’avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi: pertanto, le perdite relative all’esercizio 2021 saranno “isolate” rispetto alle altre per le quali non opera il differimento.
In particolare, dalla richiesta specificazione dell’“origine” conseguirebbe che delle perdite “sterilizzate” dovrebbe precisarsi quantomeno il momento della loro emersione, salvo verificarsi se non debbano essere indicate anche le cause della loro maturazione. È stato, d’altro canto, sostenuto che, più sinteticamente, si potrebbe ritenere sufficiente esporre una posta che richiami in modo esplicito la disciplina in esame, in modo da evocare, con un solo cenno, tutta la complicata tematica di riferimento.
La norma tace riguardo alle società non obbligate alla redazione della Nota integrativa (come le micro imprese). Si ritiene, peraltro, che il precetto valga anche per queste che, o redigeranno una Nota integrativa al solo scopo di adempiere all’incombente in esame, o, almeno, dovranno esporre gli obblighi informativi previsti in calce allo Stato patrimoniale.
Tali informazioni – da fornire nella situazione patrimoniale sottoposta all’assemblea convocata in presenza di perdite significative (che si tratti del bilancio d’esercizio o di una situazione patrimoniale infrannuale) – dovranno esistere anche nei bilanci relativi agli esercizi che si succedono durante il quinquennio di moratoria, nei quali presenteranno rilevanza ancor maggiore, dovendo evidenziare anche l’evoluzione della situazione (così circ. Assonime 25/02/2021 n. 3, § 6).
Perdite 2022 e successive
L’art. 6 del DL 23/2020 convertito non appare riferibile anche alle perdite relative al 2022 (e agli anni successivi), con conseguente applicazione della disciplina civilistica.
Appare, peraltro, opportuno distinguere a seconda che esse siano “autonomamente” rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina civilistica, ex artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c., ovvero se lo divengano solo se sommate con quelle inferiori ad un terzo registrate nel 2021. Il che equivale a chiedersi se anche tali ultime perdite (ovvero quelle inferiori ad un terzo registrate nel 2021) siano o meno oggetto di sterilizzazione.
Perdite 2022 (e successive) autonomamente rilevanti
La nuova disciplina non dovrebbe riguardare le perdite che matureranno nel 2022 (e negli esercizi successivi), con la conseguenza che, in assenza di un nuovo intervento del legislatore, le perdite che matureranno nel 2022 e che “autonomamente” porteranno il capitale sotto il minimo, dovrebbero essere ripianate “senza indugio”, mentre quelle che non intacchino il capitale sociale avrebbero il 2023 come anno di grazia, con obbligo di ripianamento nel 2024.
Ciò sarebbe desumibile anche dall’ultimo comma del nuovo art. 6 del DL 23/2020 convertito, che intende tenere distinte le perdite che godono della temporanea sospensione quinquennale dalle altre perdite, eventualmente accertate nel corso del quinquennio di sospensione, che non rientrano nello stesso regime. In altri termini, mentre le perdite emerse nei bilanci degli esercizi in corso al 31/12/2021 non determinano l’obbligo di ridurre il capitale, ex artt. 2446 e 2482-bis c.c., o di ricapitalizzazione o liquidazione, ex artt. 2447 e 2482-ter c.c., eventuali perdite conseguite in successivi esercizi, se rilevanti autonomamente, dovrebbero seguire le regole ordinarie; con i conseguenti obblighi di riduzione ed eventualmente di ricapitalizzazione (o trasformazione, o scioglimento), al superamento delle soglie rilevanti al netto dell’ammontare di perdite “sterilizzate”.
In dottrina si ritiene che sussista una certa discrezionalità nella destinazione di eventuali utili che dovessero emergere “medio tempore”, consentendo che essi incidano prioritariamente sulle perdite non oggetto di “sospensione”.
In conclusione, secondo tale tesi, quando si verifica una nuova perdita di oltre un terzo del capitale, trova applicazione integrale il regime degli artt. 2446 e 2447 c.c., per le spa, e degli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c., per le srl.
Perdite 2022 (e successive) rilevanti solo se sommate a quelle 2021 inferiori a un terzo
Escludendo l’estensione della disciplina di cui all’art. 6 del DL 23/2020 convertito alle perdite relative al 2022 e agli anni successivi, peraltro, si pone il problema di stabilire se la nozione di cui all’art. 6 del DL 23/2020 convertito sterilizzi tutte le perdite emerse nel 2021 ovvero solo quelle che riducono di oltre un terzo il capitale, per stabilire se le perdite inferiori ad un terzo del capitale siano o meno da sommare a quelle maturate nel 2022 o negli anni successivi al fine di attivare le previsioni del codice civile.
Il caso Assonime 6/2021 osserva come, senza dubbio, la finalità “specifica” dell’art. 6 del DL 23/2020 convertito sia quella di impedire l’applicazione degli obblighi di riduzione e ricapitalizzazione previsti dal codice civile per le perdite emerse nel 2021; in quest’ottica, quindi, si rivolge alle perdite “qualificate” dal fatto di incidere in modo significativo sul capitale sociale.
Peraltro, Assonime evidenzia come sussistano argomentazioni in grado di supportare una ricostruzione omnicomprensiva delle perdite 2021 da considerare rispetto a quelle verificatesi negli esercizi successivi, senza che rilevi, quindi, l’eventuale incidenza sul capitale sociale.
Dal punto di vista letterale, innanzitutto, il primo comma dell’art. 6 del DL 23/2020 convertito potrebbe essere scisso in una parte generale (nel suo riferimento alle “perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2021”), attinente a tutte le perdite, e in un’altra parte che enuncia una regola speciale di non applicazione del regime dell’obbligo legale di riduzione del capitale, ricapitalizzazione o scioglimento.
Al di là di tale profilo, comunque, ad apparire determinante è una adeguata considerazione della “ratio” della disciplina. Se, infatti, questa è da ricondurre, in senso generale, all’intento di evitare che l’applicazione di rigide regole societarie conducano alla liquidazione di imprese sane a causa di perdite straordinarie derivanti dagli effetti economici della pandemia, la sterilizzazione delle perdite, al fine di verificare il presupposto degli obblighi negli esercizi successivi al 2021, dovrebbe riguardare tutte le perdite accertate dal Conto economico e non solo quelle che incidono in modo significativo sul capitale sociale. Che questa sia la soluzione preferibile, d’altra parte, deriverebbe anche dalla considerazione che, diversamente ragionando, in presenza di perdite di identico ammontare si finirebbe per avvantaggiare società meno capitalizzate rispetto a realtà dotate di riserve in grado di coprire le perdite in questione.
Questa soluzione è condivisa anche dalla massima Comitato Trivento dei Notai T.A.13. In essa, infatti, si afferma che le perdite emerse nell’esercizio in corso al 31/12/2020 (e ora al 31/12/2021) sono sottoposte al regime di “sterilizzazione” previsto dalle disposizioni contenute nell’art. 6 del DL 23/2020 convertito fino all’approvazione del bilancio relativo al quinto esercizio successivo, prescindendo dalla circostanza che tali perdite abbiano ridotto di oltre un terzo il capitale sociale nell’esercizio in corso al 31/12/2021 o in quelli successivi.
Conseguentemente:
- se nel corso dei cinque esercizi successivi a quello che comprende il 31/12/2021 risulta che la società abbia accumulato perdite che senza tener conto di quelle emerse in tale ultimo esercizio (ossia quelle “sterilizzate”) riducono il capitale di oltre un terzo, troveranno immediata applicazione le disposizioni dettate dagli artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-terc.;
- se, invece, nel corso di detti cinque esercizi risulta che la società abbia accumulato perdite che solo se sommate a quelle emerse nell’esercizio che comprende il 31/12/2021 (ossia quelle “sterilizzate”) riducono il capitale di oltre un terzo, troveranno applicazione le disposizioni recate dall’art. 6 del DL. 23/2020 convertito, fermo restando il limite temporale finale coincidente con l’esercizio che comprende il 31/12/2026.
Sospensione della causa di scioglimento
Come evidenziato, l’ultima parte dell’originario art. 6 del DL 23/2020 convertito disponeva che per il periodo ivi contemplato – 09/04/2020 – 31/12/2020 – non avrebbe operato “la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”.
Identica prescrizione si ritrova nel vigente co. 1 dell’art. 6 del DL 23/2020 convertito, come sostituito dall’art. 1 co. 266 della L. 178/2020 e modificato in sede di conversione in legge del DL 228/2021, per il tramite del co. 1-ter dell’art. 3 (“per le perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2021 non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”).
Essendosi deciso di sospendere gli obblighi correlati alla perdita del capitale sociale, infatti, la non operatività della causa di scioglimento per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale non può che seguirne di conseguenza, non essendo ipotizzabile uno scioglimento della società per la mancata adozione delle deliberazioni previste dall’art. 2447 c.c., in presenza di una norma di legge che disattiva l’obbligo di adottare queste ultime delibere.
Analogamente a quanto già previsto negli artt. 182-sexies del RD 267/42 e 26 co. 1 del DL 179/2012 conv. L. 221/2012, quindi, una volta che si sia optato per la sterilizzazione delle perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31/12/2021, è escluso lo scioglimento di società di capitali e cooperative per la riduzione del capitale sotto il minimo legale.
Possibili conseguenze sulle responsabilità
La disapplicazione della causa di scioglimento sembra escludere anche i doveri specifici degli amministratori correlati a tale evenienza, ovvero la necessità di adottare una gestione conservativa (ex art. 2486 c.c.) e le conseguenti responsabilità da prosecuzione dell’attività d’impresa in regime “non conservativo”.
Circostanza non espressamente specificata, ma che appare emergere dalla Relazione illustrativa dell’originario art. 6 del DL 23/2020 convertito, in cui si afferma che “la previsione intende evitare che la perdita del capitale dovuta all’emergenza epidemiologica da COVID-19, e verificatasi nel corso degli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020, ponga gli amministratori di un numero elevatissimo di imprese nell’alternativa – palesemente abnorme – tra l’immediata messa in liquidazione, con perdita della prospettiva della continuità per imprese anche performanti, ed il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa ai sensi dell’articolo 2486 codice civile. La sospensione degli obblighi previsti dal codice civile in tema di perdita del capitale sociale, per contro, tiene conto della necessità di fronteggiare le difficoltà dell’emergenza COVID-19 con una chiara rappresentazione della realtà, non deformata da una situazione contingente ed eccezionale”.
In ogni caso, pur ravvisandosi nella nuova disciplina i tratti per escludere la necessità di adottare una gestione conservativa, si osserva come il dovere di diligenza non possa che tenere conto della situazione effettiva, considerando ciò che accadrà al momento della reviviscenza del regime normale. Pur non suggerendosi una gestione meramente conservativa, quindi, appare indubbio che i rischi possano aumentare e che azioni successive potrebbero mettere in discussione la diligenza di quegli amministratori che abbiano aggravato o non risolto il dissesto.
Pertanto, sottolinea Assonime sia nella circ. 28/07/2020 n. 16, § 2.4, che nella circ. 25/02/2021 n. 3, § 7, gli amministratori possono compiere tutti gli atti che costituiscono una fisiologica attuazione dell’oggetto sociale, valutando anche nuove operazioni funzionali a reintegrare il valore del Patrimonio netto. Ma occorre, comunque, ponderare attentamente se da tali atti possano discendere conseguenze pregiudizievoli per i creditori, evitando condotte che rischino di aggravare ulteriormente la situazione economico-patrimoniale dell’impresa, e valutando, se necessario, il ricorso agli strumenti previsti dal RD 267/42, nonché ad una composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex DL 118/2021 convertito.
Anche altra dottrina osserva come, dal momento che la perdita è già intervenuta e non eliminata, ma solo “congelata” nei suoi effetti, concretandosi comunque uno stato di crisi, l’operato degli amministratori, pur non rinunciando a finalità speculative (come imporrebbe l’art. 2486 c.c.), dovrà essere orientato a salvaguardare non solo l’interesse primario dei soci alla conservazione dei valori attivi del patrimonio sociale, ma anche l’aspettativa dei creditori sociali a vedere integralmente soddisfatte le loro pretese. Occorre, quindi, seguire con particolare cura la regola di condotta tracciata dagli artt. 2394 e 2403 c.c., che sussiste già a prescindere dallo stato (di crisi o meno) in cui versi la società, comportando l’obbligo di tenere conto (anche) della posizione dei creditori in misura proporzionalmente crescente all’aggravarsi della condizione sociale, stante la maggiore facilità che, in tal caso, il patrimonio divenga incapiente.
Previsioni normative da considerare
A fronte della previsione temporanea che deroga l’intervento a copertura delle perdite, restano ferme le altre previsioni normative in qualche modo correlate al fatto che esse, comunque, sono intervenute.
Ci si riferisce:
- al divieto di distribuire dividendi (artt. 2433 co. 3 e 2478-bis 5 c.c.);
- al limite all’acquisto di azioni proprie (art. 2357 co. 3 c.c.);
- alla possibile incidenza sul limite massimo all’emissione di obbligazioni nelle spa (art. 2412 co. 1 c.c.).
Allo stesso modo restano applicabili gli obblighi di ridurre il capitale sociale correlato a norme differenti (si pensi, ad esempio, all’art. 2437-quater co. 4 c.c., nel caso di recesso).
Inoltre, osserva lo studio Consiglio nazionale del Notariato 88-2021/I, § 6, l’effettiva consistenza del capitale, al netto di tutte le perdite accertate, rileva ai fini dell’art. 2250 co. 2 c.c., che impone alle società di capitali di indicare, negli atti e nella corrispondenza, il capitale “secondo la somma effettivamente versata e quale risulta esistente dall’ultimo bilancio”, assicurando così piena trasparenza sul punto.
Possibili conseguenze della facoltatività della riduzione del capitale sociale
Come evidenziato, la disciplina in esame consente, ma non impone, alle società la disapplicazione delle previsioni dettate in materia di perdita del capitale sociale.
In presenza dei presupposti, di conseguenza, si potrebbe comunque decidere di provvedervi.
Si è osservato, inoltre, come, ove il socio di maggioranza, in contrasto con l’intenzione esplicitata da quello di minoranza, decidesse di avvalersi della deroga di cui all’art. 6 del DL 23/2020 convertito, non potrebbe certo ravvisarsi un abuso, trattandosi comunque di una prerogativa riconosciuta dalla legge.
Più problematica, invece, si presenta l’ipotesi in cui il socio di maggioranza dovesse decidere di ricapitalizzare a fronte della richiesta di quello di minoranza di utilizzare la sospensione riconosciuta dalla nuova disciplina.
Il rischio è che i soci di minoranza che si sono astenuti o che hanno votato contro l’aumento impugnino la delibera con maggiori possibilità di successo rispetto al passato, proprio in ragione della disciplina in esame. L’impugnativa potrebbe essere motivata dalla minoranza evidenziando che l’aumento, non più richiesto dalla legge in tempi immediati, potrebbe essere effettuato dalla maggioranza al solo scopo di diluire la quota di minoranza impossibilitata a ricapitalizzare, marginalizzando sempre più, immotivatamente, la partecipazione della stessa alla società. In queste condizioni, e probabilmente ancor più che in passato, l’aumento di capitale per copertura perdite deve essere suffragato da idonee motivazioni aziendalistiche, organizzative o finanziarie. Tali motivazioni, evidenziate dal management in consiglio di amministrazione e riportate in delibera assembleare risultano fondamentali per scongiurare (o almeno mitigare) i rischi di impugnativa.
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