Introduzione
Nel momento in cui si riceve un atto di contestazione da parte dell’Amministrazione (Agenzia Entrate, Catasto, Comune, ecc.), è possibile che lo stesso ufficio che lo ha emanato, si renda conto (su propria iniziata o perché gli viene fatto notare dal contribuente stesso) di aver commesso un errore e di conseguenza può annullare (in tutto o in parte) il proprio operato e correggere l’errore senza necessità di finire dinanzi al giudice e, quindi, senza la necessità di presentare ricorso.
Quanto appena affermato si chiama “Autotutela” che come si intuisce può portare a notevole risparmio di tempi e costi (per risolvere la lite aperta con il fisco) sia per il contribuente che per l’ente stesso che ha emanato l’atto.
L’Autotutela, dunque, è una delle prime cose cui pensare nel momento in cui si riceve una contestazione dal fisco, poiché permette di risolvere la questione in modo quasi immediato e semplice.
In genere i fogli illustrativi che accompagnano l’atto ricevuto descrivono, oltre alle regole da seguire per la presentazione del ricorso, anche la possibilità di utilizzare la via dell’Autotutela.
Con questo strumento, dunque, lo stesso ufficio che ha emanato l’atto può annullarlo in tutto o in parte.
In particolare, l’annullamento può avvenire:
- su iniziativa dello stesso ufficio che lo ha emanato, il quale accorgendosi dell’errore commesso (cosa molto difficile) torna sui propri passi;
- oppure dietro apposita domanda (“istanza di autotutela”) da parte del contribuente (in tal caso occorre esporre nella richiesta le dovute motivazione che fanno ritenere illegittimo l’atto ricevuto).
Casi in cui si può presentare istanza di autotutela
I casi più frequenti in cui trova applicazione l’autotutela sono quando l’atto ricevuto è ritenuto illegittimo per:
- errore di persona;
- evidente errore logico o di calcolo;
- errore sul presupposto dell’imposta (l’imposta contestata non è proprio dovuta dal contribuente perché non si è soggetto passivo);
- doppia imposizione (per la violazione contestata già, si è stati oggetto d’imposizione fiscale);
- mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti;
- mancanza di documentazione successivamente prodotta (non oltre i termini di decadenza);
- sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
- errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
Autotutela d’ufficio
Come detto, a volte può essere lo stesso ufficio che ha emanato l’atto impositivo ad annullarlo, di sua iniziativa, senza che il contribuente (ricevente) ne abbia fatto richiesta e indipendentemente da quanto tempo sia passato dall’emanazione dello stesso.
L’atto può essere annullato su iniziativa dell’ente che lo ha emesso anche quando:
- siano già trascorso i termini previsti per ricorrere (siano cioè passati 60 giorni dalla notifica);
- il ricorso sia stato presentato ma respinto con sentenza passata in giudicato (ciò con sentenza che non può più essere impugnata) per motivi di ordine formale (inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità, ecc.);
- vi sia pendenza di giudizio (cioè è stato presentato ricorso e la lite con il fisco ancora non si è chiusa).
Se l’atto è annullato d’ufficio (in tutto o in parte), questi deve inviare al contribuente una comunicazione motivata ed eventualmente un nuovo atto che sostituisce il precedente.
Istanza di autotutela presentata dal contribuente
La richiesta di annullamento (totale o parziale) dell’atto ricevuto e ritenuto illegittimo può essere fatta anche direttamente dal contribuente che lo riceve, presentando apposita “istanza” allo stesso ufficio che lo ha emanato.
La domanda di autotutela è fatta su carta semplice (si veda esempio allegato in fondo) e deve riportare (oltre ai dati del richiedente):
- gli estremi identificativi dell’atto di cui è chiesto l’annullamento (totale o parziale);
- i motivi per cui si ritiene tale atto illegittimo e quindi annullabile, in tutto o in parte, e quindi se trattasi di:
- errore di persona;
- errore logico o di calcolo;
- errore sul presupposto dell’imposta;
- doppia imposizione;
- mancata considerazione dei pagamenti già effettuati;
- presenza di requisiti per fruire di agevolazioni o riduzioni;
- errore materiale del contribuente.
All’istanza occorre allegarvi, oltre che un proprio documento di riconoscimento in corso di validità, anche copia della documentazione a supporto dei motivi indicati e che fanno ritenere l’atto annullabile. Se si delega una terza persona alla presentazione, occorre allegarvi anche la delega (in carta libera) accompagna dal documento di riconoscimento in corso di validità del delegato.
La presentazione di un’istanza di autotutela non sospende i termini per la presentazione del ricorso. Pertanto, è necessario prestare attenzione a non far trascorrere inutilmente tali termini. Il ricorso si ricorda che, va presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Per cui se si presenta l’autotutela e l’ufficio non risponde, e stanno per terminare i 60 giorni, se lo si ritiene opportuno è necessario presentare il ricorso. Infatti, come già anticipato, anche se il ricorso è stato presentato (e quindi il giudizio è pendente) l’ufficio può sempre annullare l’atto se lo ritiene illegittimo chiudendo così la lite.
Nel caso in cui il contribuente presenta l’istanza ad un ufficio sbagliato, quello che riceve l’istanza deve comunque inoltrarla all’ufficio di competenza.
In merito alle modalità di presentazione in genere l’istanza è presentata di persona (anche tramite delega) direttamente in ufficio. Può essere presentata anche tramite raccomandata A/R o (se l’ufficio competente lo prevede) anche tramite PEC.
In genere la decisione (di accoglimento o rigetto) è comunicata al contribuente entro un periodo massimo di 120 giorni dal ricevimento dell’istanza da parte dell’ufficio.
Se l’istanza di autotutela è rigettata o accolta solo in parte, e non sono ancora decorsi i termini per il ricorso, il contribuente può sempre presentarlo oppure accettare la decisione dell’ufficio.
Gli effetti dell’annullamento
L’annullamento (d’ufficio o dietro istanza del contribuente) dell’atto illegittimo comporta automaticamente l’annullamento degli atti ad esso consequenziali (ad esempio, il ritiro di un avviso di accertamento infondato comporta l’annullamento della conseguente iscrizione a ruolo e delle relative cartelle di pagamento) e l’obbligo di restituzione delle somme riscosse sulla base degli atti annullati.
Differenza tra autotutela e sgravio
Dall’autotutela occorre distinguere il c.d. “sgravio”. Infatti, mentre l’autotutela si presenta all’ente creditore (ad esempio Agenzia delle Entrate che contesta il mancato pagamento Irpef relativamente ad un periodo d’imposta), l’istanza di sgravio, si presenta al concessionario cui l’ente impositore si è rivolto per la riscossione del credito vantato verso il contribuente (es. Equitalia).
ESEMPIO 1
Un contribuente riceve da Equitalia una cartella esattoriale in cui è chiesto il pagamento dell’IMU riferita al 2014. Il contribuente che l’ha ricevuta riscontra un errore sul presupposto dell’imposta richiesta (ad esempio non è più proprietario dell’immobile dal 2013). In tal caso egli può ricorrere all’autotutela, ma l’istanza non va presentata ad Equitalia, bensì all’ente creditore (ossia il Comune) che ha emesso l’atto e che ha poi dato al concessionario incarico di riscuoterlo.
ESEMPIO 2
Un contribuente riceve da Equitalia una cartella esattoriale in cui è chiesto il pagamento dell’IMU riferita al 2014. Il contribuente che l’ha ricevuta ritrova nel suo archivio le ricevute dell’F24 con cui l’IMU, invece, fu a suo tempo regolarmente versata. In tal caso egli può rivolgersi direttamente ad Equitalia e richiedere lo sgravio della cartella esattoriale. Equitalia, sgrava la cartella e comunica al Comune che il credito verso il contribuente non sussisteva poiché questi aveva regolarmente assolo il tributo. Il contribuente non potrà essere, pertanto, più soggetto a nessuna pretesa in merito.
0 commenti